Crisi Stellantis, Giorgia Meloni scende in campo: ecco perché la strada per il rilancio del settore auto è stretta

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La presenza di John Elkann alle celebrazioni a San Pietro per l’apertura del Giubileo è stata un doppio segnale. Di fede, non ostentata ma confusa tra la folla che attendeva Papa Francesco; e di presenza in Italia, a Roma, dove sta andando in scena il passaggio più difficile della storia recente di Stellantis, un tempo Fiat.

L’accordo con Urso sugli stabilimenti Stellantis in Italia

Prima della pausa per le vacanze natalizie, il governo con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha portato a casa un importato risultato: la promessa che nessuno stabilimento in Italia verrà chiuso nel 2025. E in più l’esecutivo e tutto il parlamento hanno ottenuto un altro mezzo successo, perché si attende di ascoltare cosa dirà, l’audizione alla Camera (tra metà gennaio e inizi di febbraio) dello stesso Elkann, presidente del gruppo automobilistico e facente funzioni anche di ceo, dopo le dimissioni di Carlos Tavares.

Tutto apparentemente sembra tornato quindi in carreggiata, dopo i tanti momenti di tensione tra il gruppo italo-francese e le istituzioni italiane e la scelta del primo di andare a costruire la gigafactory in Spagna e la riduzione di 4,6 miliardi del monte incentivi per l’automotive nei prossimi anni.

Le preoccupazioni di Giorgia Meloni sul settore auto

Ma è davvero tornato il sereno sull’asse Roma-Torino? Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, la premier Giorgia Meloni ha preso in mano il dossier e lo sta seguendo in prima persona, perché è molto preoccupata per le ricadute occupazionali e sul pil della drammatica crisi di vendite del gruppo.

La ripresa del settore passa per una strada strettissima e può mettere a repentaglio un indotto da un milione di posti di lavoro. Da una parte, si spera che possano ripartire le vendite, grazie anche a nuovi incentivi, che in Francia sull’elettrico stanno funzionando decisamente meglio.

Dall’altra, Stellantis attende le decisioni della Commissione Europea sull’eventuale stop alle sanzioni che scatteranno nel 2025 per le case che non rispetteranno i livelli di produzione di modelli elettrici.

La spada di Damocle di multe fino a 14 miliardi per le industrie Ue dell’auto

In ballo ci sono la bellezza di 14 miliardi di euro di multe complessive, che possono fare la differenza tra essere in utile o in perdita e alla fine possono condurre l’Italia e mezza Europa in recessione nonostante i tagli dei tassi di interesse della Banca centrale europea.

Il problema è che Stellantis per ora ha deciso di rispettare gli obiettivi fissati originariamente dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen e questo per Meloni rappresenta il primo problema. Come sostenere i rapporti col Lingotto nel momento in cui il ceo di Stellantis Europa, Jean-Philippe Imparato, proprio in un’intervista esclusiva a Milano Finanza il 23 novembre ha affermato che il gruppo sarà in linea con gli obiettivi comunitari per evitare le sanzioni e dunque resterà fermo sul no alla revisione della data del 2025?

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«Io produco quello che vendo»

Ma è una frase di Imparato che ha colpito la premier ancora di più e rappresenta un secondo scoglio: «Io produco quello che vendo», ha sottolineato il manager italo-francese in un perfetto italiano sempre parlando con chi scrive e Andrea Boeris.
Dunque se vendi dieci modelli produci dieci modelli, se vendi cinque modelli ne produci cinque e via così scendendo. Questa formula, impegnativa e per certi versi drammatica, è quella che preoccupa di più il presidente del Consiglio, convinta che il problema sia a monte di tutta la catena di produzione.

L’assenza di domanda di auto elettriche, e di auto in generale: costano troppo

L’Italia deve evitare in tutti i modi che gli stabilimenti nel nostro Paese si fermino non per decisione manageriale ma semplicemente perché non serve che producano in quanto mancano acquirenti per le auto. Una situazione difficilissima, su cui il governo sta lavorando ma che purtroppo non dipende a questo punto né da John Elkann né da Giorgia Meloni e forse nemmeno da von der Leyen.

Purtroppo i consumatori non comprano le automobili perché costano troppo e perché la macchina non rappresenta più per i giovani un bene necessario. E questa problema al momento appare di difficile soluzione. (riproduzione riservata)



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