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I personaggi dei podcast e dei social media di cui Trump si è circondato lo hanno aiutato a vincere le elezioni ma non sempre fanno la differenza

Giovedì scorso, Donald Trump ha chiamato alcuni giornalisti di quattro tra le maggiori emittenti televisive statunitensi, Nbc, Abc, Cbs e Fox News, per chiarire che era stato lui – e non Elon Musk – a fare pressione perché i parlamentari repubblicani bocciassero l’accordo sulla legge di bilancio.

A eccezione di Fox, il presidente eletto aveva criticato in ogni modo possibile le altre testate, minacciando di dare la caccia ai giornalisti che lo criticavano.

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Ora, però, ha avuto bisogno delle emittenti istituzionali per chiarire un messaggio politico che non avrebbe potuto far passare sui canali più informali dei suoi amici dei podcast e dei social media.

Tanto più che il suo rivale nella situazione specifica è l’esempio più lampante e ingombrante di quotidiana battaglia contro i giornali tradizionali, Musk.

Chi e quanti sono

In un approfondimento, il Wall Street Journal ha fatto il punto su chi siano alcuni dei news influencer e, più in generale, le personalità dei nuovi media vicine a Trump e alla sua agenda politica.

A partire dai più famosi e strutturati, come il podcast di Joe Rogan e i programmi di Ben Shapiro e Tucker Carlson, fino a decine di influencer seguiti da milioni di persone sui social media.

Molti di questi, ricorda il Wsj, si sono ritrovati per festeggiare la rielezione di Trump ad AmericaFest. Si tratta di una conferenza organizzata dall’associazione no profit Turning Point USA, coordinata da Charlie Kirk, un influencer e attivista dell’ideologia politica afferente a Maga – Make America great again.

Kirk, 31 anni, ha un programma radiofonico trasmesso in 180 stazioni radio ed è uno dei podcast più ascoltati su Apple Music. Nel complesso, l’influencer conta oltre 20 milioni di follower sui social media.

Alcuni degli invitati all’evento erano, ad esempio, la creator Vani Hari, che, con il nome Food Babe, parla di cibo e relativi complottismi soprattutto su Instagram, e Patrick Bet-David, che invece commenta i fatti di economia e attualità in un canale YouTube da 6,4 milioni di follower – ne ha cinque milioni su Instagram. Entrambi sono sostenitori di Trump. Al loro fianco, c’era la vecchia guardia di Maga come, appunto, Carlson, Steve Bannon e Ben Carson.

Ad AmericaFest hanno partecipato, secondo gli organizzatori, circa 21mila persone. “Siamo noi i media, adesso, non loro. Il loro potere sta svanendo”, ha detto Kirk.

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L’influencer si è poi rivolto ai repubblicani critici delle politiche e delle nomine del presidente eletto, avvertendoli – come poi ribadito da suo figlio, Donald Trump Jr – che il partito dovrebbe istituire delle primarie per rimuovere chi ostacola l’agenda di Trump.

Kirk ieri e oggi

Dopo aver lasciato l’università per fondare Turning Point nel 2012, Kirk è riuscito a ingraziarsi i principali finanziatori del partito repubblicano e a ricevere da questi generose donazioni.

Nel 2016, poi, la svolta. Kirk ha partecipato alla campagna elettorale repubblicana e ha parlato alla Convention del partito. Nell’ultimo anno, grazie alle donazioni ricevute, Turning Point ha speso 90 milioni di dollari per finanziare le proprie attività e supportare le sue rappresentanze nel Paese, molte delle quali in università e scuole superiori.

L’organizzazione si è sempre più avvicinata alla politica in senso stretto, allo scopo di raccogliere fondi per sostenere candidati amici e attività elettorali. Questo ha permesso al gruppo di aumentare la propria influenza sul programma elettorale conservatore, supportando anche alcuni dei più controversi leitmotiv trumpiani. Ad esempio, secondo Turning Point, le elezioni del 2020 hanno subito delle frodi e non devono essere riconosciute come legittime.

Come notato dal Wsj, Kirk, il suo seguito e l’organizzazione da lui creata sono l’esempio di come Trump e i suoi accoliti siano riusciti a creare un sistema di informazione e comunicazione alternativo a quello dei media generalisti più efficace di quello tradizionale.

Non sempre, però, questo sistema funziona come Trump vorrebbe, ossia lasciando a X e ai media suoi amici il compito di fare il lavoro sporco, per poi prendersi personalmente il merito dei successi.

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Prima Trump ha dovuto utilizzare le emittenti televisive tradizionali per chiarire agli elettori di essere stato lui –  e non Musk – ad aver persuaso i parlamentari repubblicani a votare contro la prima versione della legge di bilancio. Poi, non è stato in grado di utilizzare il suo sistema mediatico bene abbastanza per veicolare in modo altrettanto efficace il piano alternativo promosso da lui stesso. L’accordo è stato infatti bocciato dai parlamentari democratici e da un certo numero di repubblicani.

In un modo o nell’altro, anche l’enorme cassa di risonanza creata e foraggiata da Trump, all’apparenza potente e infallibile, mostra di tanto in tanto le sue crepe.





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