Tony Effe, come buttare in vacca una questione politica seria. Avvilente!

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Dopo la presa di posizione di alcune consigliere del comune di Roma e del Centro antiviolenza Differenza Donna contro la partecipazione di Tony Effe al Concerto di Capodanno, pagata anche con il denaro delle contribuenti, c’è stato uno tsunami di polemiche. Con buona dose di benaltrismo i testi di Tony Effe sono stati accostati a quelli di Guccini, Vasco Rossi, Raf, Renato ero e sono stati persino tirati in ballo senza scrupolo di offesa, Gaber e De Andrè. Artisti e cantanti che hanno contenuti sideralmente distanti da quelli del trapper. Una vignetta satirica di Stefano Disegni pubblicata sul Fatto quotidiano ha messo alla berlina in maniera efficacissima le elucubrazioni che sono state fatte in questi giorni sui testi del trapper. Vi consiglio di andare a vederla. Si ride fino alle lacrime.

Tony Effe è un prodotto costruito dal mercato discografico sull’immagine del ribelle (si fa per dire) che vende, e continuerà a vendere la sua ‘arte’ , così ho letto, ai suoi 4 milioni di estimatori. Il censurato pensatore parteciperà al festival nazionalpopolare di Sanremo, e il suo agente gli ha potuto organizzare nel giro di due giorni un concerto al Palazzo dello Sport di Roma col benestare dell’istituzione che ha revocato l’invito al Concerto di Capodanno. Alla faccia della censura. Dimentico altro? Sì. La superficialità con la quale il sindaco Gualtieri e la sua amministrazione hanno organizzato l’evento, senza prestare attenzione a chi invitavano, è stata imbarazzante, per non dire delle scuse per aver ritirato l’invito eppoi la ciliegina sulla torta: “ce lo hanno chiesto le donne dei centri antiviolenza”.

Emma, Mara Sattei, Giorgia che erano salite sul palco per il Concerto organizzato dalla Fondazione Una, Nessuna Centomila contro la violenza alle donne, si sono schierate con Tony Effe. Sarà che a preoccuparle non è tanto la cultura del femminicidio ma piuttosto la paura di dover scendere da un palcoscenico.

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E mentre molti spendevano la revoca dell’invito al trapper contro le odiose femministe e prendevano in ostaggio con sprezzo del ridicolo, la memoria di De Andrè, il convitato di pietra è rimasto in mezzo ai piedi. Fastidioso e ingombrante. Il tema portato all’attenzione della politica da parte delle attiviste romane non ha a che fare con il moralismo ma richiama l’attenzione su testi violenti che abbattono la percezione del disvalore del sessismo e dei crimini contro le donne.

Pochi giorni fa, uscivo dalla Corte D’Assise dove un uomo è accusato di aver stretto al collo della ex moglie, quel “guinzaglio” che Tony Effe invita a mettere alle ragazze che si comportano da “troie”. Lavoriamo ogni giorno con donne alla quali la bocca viene tappata con aggressioni fisiche o psicologiche. Un altro passaggio di un testo del trapper? “Metti la museruola alla tua ragazza”. Quando andiamo nelle scuole, ascoltiamo le testimonianze di ragazzi bollati come “froci” e ragazze bollate come “troie” da bulli che utilizzano lo stesso linguaggio di questo tizio come di altri trapper. La sofferenza di quelli chi diventano bersaglio di parole violente all’interno delle nostre scuole, è tangibile. Gliene frega qualcosa a qualcuno? È molto avvilente, per chi conosce l’angoscia causata dalla violenza, assistere per l’ennesima volta alla gara tra chi è più bravo a buttare in merda di vacca (ce ne sono di bravissimi) una questione politica come quella della violenza contro le donne.

Dire donne in rete ha preso parola sulla questione Tony Effe. “Quando testi sessisti trovano spazio pubblico, il problema non è solo il singolo artista, – ha dichiarato la presidente Antonella Veltri – ma un sistema che li accoglie, li promuove e li rende parte del quotidiano. Un sistema che normalizza il linguaggio degradante verso le donne, facendolo passare per intrattenimento, o peggio, per arte. In una società culturalmente consapevole sul tema della violenza contro le donne, artisti che diffondono messaggi sessisti sarebbero semplicemente ‘inascoltabili’. Non si tratterebbe di censura: sarebbe una selezione culturale naturale a relegarli nell’oblio, perché inaccettabili agli occhi di una collettività rispettosa e attenta. Prevenire la violenza significa anche educare al rispetto nelle parole, nei comportamenti, nella musica e nella cultura che scegliamo di sostenere”.

Che cultura stiamo sostenendo? Ne vogliamo parlare? O meglio, ne possiamo parlare?

@nadiesdaa

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