Avanti tutta sull’Albania, Meloni brinda ai rimpatri

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La «Soluzione innovativa», come con scarso senso dell’opportunità il governo ha ribattezzato il progetto di esternalizzare in Paesi extra Ue i centri di trattenimento per migranti da rimpatriare, non si è fermata e non si fermerà. Il vertice annunciato in Finlandia da Giorgia Meloni ed effettivamente svoltosi ieri pomeriggio serviva solo a confermarlo. Ha assolto il compito ribadendo «la ferma intenzione di continuare a lavorare, insieme ai partner Ue e in linea con le conclusioni del Consiglio europeo, sulle cosiddette ‘soluzioni innovative’ al fenomeno migratorio».

I MINISTRI INTERESSATI c’erano tutti: Piantedosi, Tajani in collegamento da Pristina, Crosetto e Foti. C’erano l’onnipresente sottosegretario Mantovano e il consigliere diplomatico Saggio. Il vicepremier Salvini no, lui non era stato invitato. Tanto per chiarire nei fatti, dopo aver proceduto a parole in Finlandia, che assoluzione o non assoluzione le grinfie sul capitolo immigrazione non le rimetterà e che di un suo ritorno agli Interni non se ne parla. Molto più adeguato il circospetto Piantedosi perché se l’obiettivo di fondo è sempre lo stesso e ora santificato persino dall’assoluzione dell’ex Capitano, «Difendere i confini della patria», i metodi sono cambiati. Sono quelli asettici e concordati con l’Europa di Giorgia Meloni, non la ringhiosità da squadra d’assalto, per l’Europa insopportabile, dell’eroe di ieri.

La riunione è durata un lampo. Del resto non doveva concludere nulla, essendo tutto già stato deciso in precedenza.

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Giorgia Meloni e Matteo Salvini alla Camera, foto di Riccardo Antimiani /Ansa

I trasferimenti in Albania riprenderanno dopo il prossimo 11 gennaio, quando entrerà in vigore il decreto che trasferisce la competenza in materia di trattenimento dalle sezioni Immigrazione alle Corti d’Appello. Sono ancora in sospeso alcune sentenze della Cassazione, quelle sui ricorsi presentati proprio dal governo dopo le sentenze che avevano ordinato il rimpatrio dei primi due «carichi» già trasferiti in Albania, e potrebbero creare nuovi problemi. La premier però non vuole aspettare, considerandosi già confortata e spalleggiata dalla sentenza di Cassazione della settimana scorsa. Meloni legge il verdetto evidenziando la parte in cui si conferma che spetta al governo decidere quali Paesi, sia per il rimpatrio che per il trattenimento, debbano considerarsi «sicuri» e glissando su quella che conferma invece la facoltà dei magistrati di intervenire, sia pur caso per caso.

Ferma intenzione di continuare a lavorare, insieme ai partner Ue e in linea con le Conclusioni del Consiglio europeo, sulle cosiddette soluzioni innovative. Proseguire anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione che ha indicato le competenze relative all’individuazione dei Paesi sicuri a livello nazionale Palazzo Chigi

PERÒ LA VERA SPINTA che dà lo slancio alla soluzione innovativa è la sostanziale convergenza dell’Europa su quella linea, particolare che nel suo intervento al vertice la premier non ha mancato di sottolineare col pennarello fluorescente. «C’è grande interesse e consenso generale intorno alla nostra proposta» ha sostenuto e la formula è stata trasferita di peso nel comunicato finale che esalta appunto «il forte consenso che è emerso anche in occasione della riunione con gli Stati membri più interessati al tema». Alcuni dei quali, è opportuno ricordare, non sono esponenti della destra o del Ppe ma del Pse, diviso al proprio interno tra una linea dei Paesi del Sud, contraria alla «soluzione innovativa» e una del Nord, invece sin troppo interessata.

MA SOPRATTUTTO MELONI sa di avere dalla sua la presidente della Commissione von der Leyen. La sua lettera, illustrata nel corso della riunione citata dal comunicato di ieri, riprende puntigliosamente la linea italiana. Promette la ridefinizione dei Paesi da considerarsi sicuri per il rimpatrio e per il trattenimento nei primi mesi del 2025. Sottolinea l’interesse per le «modalità innovative» e promette «un quadro legislativo più forte nel settore dei rimpatri». Forse sarebbe ora che anche il centrosinistra italiano, ancorato al mondo di ieri, si rendesse conto che l’Europa non è più quella del passato. Ha poco senso ripetere che la formula della quale il protocollo italo-albanese dovrebbe essere il primo mattone non partirà mai. Partirà invece, anche se probabilmente ancora provando ad aggirare scogli legali sia in Italia che in Europa, perché la premier italiana e la sua linea dura contro l’immigrazione oggi sono fatte proprie dalla civilissima Europa.



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