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I sogni spezzati di Federica
di
Rinaldo Battaglia *


“Federica dagli occhi di mare
che lascia il suo porto e ha voglia di andare.
Federica che come un gabbiano
attraversa il suo mare diretta a Milano,
prende un treno che è pieno di gente che si sposta per fare Natale,
mille storie di cui non sa niente
di gente, già stanca, che scende e che sale.
Lei però coi suoi dodici anni sa che vuole andare a vedere
come è fatta la neve e perché può dal cielo cadere.
Federica dagli occhi di mare
che vede stazioni veloci passare,
suona a Roma una vecchia zampogna
poi viene Firenze, si va per Bologna.
Come sale veloce quel treno che si tuffa nelle gallerie,
come fanno i delfini nei giorni d’agosto
seguendo chissà quali vie.
Ma di colpo è un mare di fuoco,
la tempesta si schianta d’intorno.
Il biglietto era solo d’andata e non c’è ritorno.
Federica dagli occhi di mare,
su quella montagna ti han fatto fermare,
hanno rotto le ali al gabbiano
e tu non hai visto la neve a Milano”.

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Sono parole di una canzone poco, pochissimo nota al pubblico ma che toccano il cuore.
E’ di Leoncarlo Settimelli ed è dedicata a Federica Taglialatela, una ragazzina di 12 anni di Ischia, che il 23 dicembre 1984 andava a Milano sul rapido 904 Napoli-Milano.

Quel treno non arrivò mai a destinazione perché alle 19.08 nella Grande Galleria dell’Appennino, subito dopo la stazione di Vernio, esplose in aria. Oltre a Federica, oltre ad Anna, una bambina di 4 anni, e Giovanni di 9 (Anna e Giovanni De Simone) morirono altre 13 persone e i feriti vennero contati in ben 267.
E’ passata alla storia come la ‘Strage di Natale’.

Venne considerata a tutti gli effetti la fotocopia della strage del treno Italicus della notte tra il 3 e il 4 agosto 1974.
A detta dei magistrati però questa sarà la prima strage, in cui si registrò il ‘matrimonio ufficiale’ e di interessi tra la mafia e la politica, più o meno eversiva. Matrimonio ufficiale, quasi alla luce del sole. Strada facendo ne troveremo molte altre, sul percorso del nostro Paese.

Le indagini si indirizzarono subito su una duplice pista: quella napoletana e quella romana. La prima aveva origine nell’anticipazione della strage da parte di un “informatore” (Carmine Esposito) che aveva fatto alcuni giorni prima dell’attentato alla Questura di Napoli. Questa portava verso il clan di camorra di Giuseppe Misso e verso Massimo Abbatangelo, un parlamentare del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante.

Quello ‘da Giorgio a Giorgia’ nei dépliant elettorali dell’estate 2022.

La pista romana fu avviata dall’arresto di Guido Cercola, braccio destro a Roma allora del boss mafioso Giuseppe Calò, cui seguì il ritrovamento, nella casa di Franco D’Agostino (affittuario e sodale di Cercola), di due congegni radioelettrici in grado di innescare un’esplosione compatibili con quelli usati per la strage, e poi, in un casale dello stesso Cercola presso Poggio San Lorenzo, vicino a Rieti, di due pani di esplosivo Semtex H (di cui uno ridotto di circa un chilo), sei cariche di tritolo (di cui una mancante di 40 grammi) e nove detonatori.

Le perizie condotte prima a Roma e poi a Firenze dimostrarono come quel tipo di materiale fosse compatibile con quello usato nell’attentato al treno. Emersero rapporti tra Cercola e un tedesco, Friedrich Schaudinn, che sarebbe stato incaricato di produrre i congegni utilizzati nell’attentato e ritrovati dalla polizia a casa dello stesso Guido Cercola.

Il 14 marzo 1992, la Corte d’assise d’appello di Firenze confermò le condanne delle sentenze precedenti di grado inferiore: ergastolo per Pippo Calò e Guido Cercola, condanna per Franco D’ Agostino a 24 anni e per Schaudinn a 22. Giuseppe Misso fu condannato a 3 anni per detenzione di esplosivo.

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Dal processo era stata stralciata la posizione dell’on. Massimo Abbatangelo, perché la Camera dei deputati aveva concesso l’autorizzazione a procedere, ma non all’arresto. Dopo essere stato condannato in primo grado all’ergastolo, nel 1991, il 18 febbraio 1994 la Corte d’assise d’appello di Firenze assolse il parlamentare del MSI dal reato di strage, ma lo condannò a 6 anni di reclusione per aver consegnato dell’esplosivo a Giuseppe Misso, nella primavera del 1984. Le famiglie delle vittime fecero ricorso in Cassazione contro quest’ultima sentenza, ma persero e dovettero pagarne le spese processuali.

Deputato eletto alla Camera nel 1979, nel 1983, nel 1989 e nel 1992, l’on. Abbatangelo nel giugno 1994 venne candidato alle europee per Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, risultando primo dei non eletti in Campania, con oltre 45.000 preferenze. Fu componente dell’Assemblea nazionale di AN, fino al 2008 quando aderì a La Destra, il movimento allora fondato da Francesco Storace. Il 9 luglio 2015 gli venne revocato il vitalizio di ex-parlamentare, ma già nel 2017 la sentenza fu di nuovo annullata e il vitalizio ripristinato, con la restituzione delle mensilità non percepite dalla precedente sospensione.

Ma nessuno poté restituire o cancellare quello che in quegli anni maledetti avevano certificato: il matrimonio d’affari tra politica & mafia. Con un deputato della Repubblica che – persino – venne condannato a 6 anni di reclusione per aver consegnato nel 1984 ad un mafioso dell’esplosivo da usare per una strage a Natale!

Mafia & politica che si cercavano e talvolta lavoravano assieme. Film non nuovo sui nostri teleschermi.

Mafia & politica, come prima, come dopo. Potere & crimine come negli anni precedenti. Eredità di un passato che non voleva scomparire e a troppi andava bene.

Mentre, nella strage di Natale, i sogni di Federica, Anna, Giovanni e di tutti gli altri, per sempre, si spezzavano.
E non solo i loro sogni.

Chissà se oggi – 40 anni da quel giorno – qualcuno si ricorderà di loro. Siamo pur sempre l’Italia, il paese senza memoria.

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23 dicembre 2024 – 40 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘L’inferno è vuoto’ – Ed. AliRibelli – 2023

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell’Osservatorio

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