“Nessun contratto, nessun caffè”. La dura protesta dei lavoratori di Starbucks durante il Natale



Tazze vuote e negozi chiusi sotto le luci di Natale. Negli Stati Uniti, i lavoratori di Starbucks si preparano a cinque giorni di scioperi in oltre 500 negozi sindacalizzati. La protesta, organizzata dal sindacato Starbucks Workers United (Sbwu), nasce dall’accusa all’azienda di non contrattare in buona fede, nonostante le promesse fatte nei primi mesi del 2024. E mentre i clienti cercano il loro caffè a tema natalizio, la tensione nelle filiali esplode, rivelando una lotta sindacale che coinvolge migliaia di dipendenti in tutto il Paese.

La crescita del movimento sindacale e la protesta

Dopo anni di mobilitazione, Starbucks Workers United – il sindacato dei dipendenti della catena – ha visto una crescita senza precedenti: a ottobre, il 500esimo negozio di Starbucks ha ottenuto il riconoscimento sindacale, portando a oltre 525 i punti vendita sindacalizzati in 45 stati americani. Nonostante l’azienda abbia accettato di negoziare a febbraio, i progressi sembrano arenati. Il sindacato accusa Starbucks di non aver presentato proposte economiche adeguate. «A ottobre eravamo pronti a scambiare proposte economiche globali. Ma l’azienda non ha mantenuto le sue promesse», denuncia Michelle Eisen su Eater, barista in uno Starbucks di Buffalo e parte del sindacato.

Gli scioperi, iniziati il 20 dicembre in città come Los Angeles, Seattle e Chicago, si sono estesi rapidamente. A New York, Philadelphia, Dallas e Denver, i lavoratori hanno lasciato le loro postazioni, mettendo sbarre davanti all’ingresso dei negozi. La protesta culminerà alla vigilia di Natale, con centinaia di filiali potenzialmente coinvolte. Secondo Sbwu, la decisione di scioperare è stata necessaria per «mostrare all’azienda le conseguenze del mancato mantenimento delle promesse fatte ai lavoratori», come afferma Michelle Eisen sul giornale statunitense.

Starbucks

La posizione di Starbucks

In risposta, Starbucks ha dichiarato a Eater: «Siamo concentrati sul miglioramento dell’esperienza dei partner, con oltre 3 miliardi di dollari investiti negli ultimi tre anni». L’azienda sottolinea di offrire una retribuzione competitiva di 18 dollari l’ora, insieme a benefici come assistenza sanitaria e congedo familiare retribuito per i dipendenti che lavorano almeno 20 ore a settimana. Tuttavia, secondo Sbwu, molti lavoratori non riescono ad accedere a questi benefici a causa della riduzione delle ore di lavoro e della carenza di personale.

Il nodo economico

Uno dei punti di maggiore tensione, poi,  riguarda gli aumenti salariali. Il sindacato chiede un minimo di 20 dollari l’ora per i baristi e 24,50 per i supervisori, una richiesta che Starbucks definisce «Non sostenibile». Nonostante i progressi raggiunti su alcuni temi, come il congedo parentale retribuito, il sindacato lamenta la mancanza di un pacchetto economico soddisfacente. «L’azienda ha proposto aumenti salariali dell’1,5% per gli anni futuri, un’offerta inaccettabile nell’attuale clima economico», afferma Lynne Fox, presidente di Workers United.

Il passaggio di consegne tra Howard Schultz e i suoi successori sembrava promettere una nuova era. L’attuale Ceo, Brian Niccol, si è dichiarato favorevole a negoziare con il sindacato, affermando: «Rispetto profondamente il diritto dei nostri partner di scegliere un sindacato». Tuttavia, la fiducia dei lavoratori sembra vacillare di fronte ai continui stalli contrattuali e alla gestione delle centinaia di accuse di pratiche lavorative sleali pendenti presso il National Labor Relations Board (un’agenzia governativa indipendente del governo federale degli Stati Uniti, con la responsabilità di far rispettare il diritto del lavoro statunitense in relazione alla contrattazione collettiva e la concorrenza sleale). Gli scioperi organizzati da Starbucks Workers United colpiscono uno dei momenti più redditizi per Starbucks: le festività natalizie. Già in passato, il sindacato aveva scelto eventi di forte impatto, come il Red Cup Day, per attirare l’attenzione sulle loro rivendicazioni. «Nessuno vuole scioperare. È l’ultima risorsa, ma Starbucks ci ha lasciato senza scelta», dichiara Fatemeh Alhadjaboodi, delegata alla contrattazione e parte del sindacato.



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