Inquinamento da Pfas in Veneto, la denuncia della associazioni: “Poca trasparenza sullo stato della bonifica”. Il presidio al Tribunale

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Dodici anni dopo, le bonifiche dei terreni inquinati dai Pfas della Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, ancora non si fanno. Un tavolo di autorità politiche, istituzionali e giudiziarie si sta occupando in modo alquanto misterioso della trattativa con le società coinvolte nel processo per disastro ambientale e inquinamento di acque. Le indagini epidemiologiche sono ferme a uno studio di cinque anni fa e la mappa delle zone contaminate non viene aggiornata. L’ultimo rapporto sulla sorveglianza sanitaria ha accertato che nelle Ulss 8 Berica e 9 Scaligera gli individui con valori sopra soglia di Pfoa nel sangue sono 16.222. Le associazioni che da anni sono impegnate nelle denunce e nel presidio del territorio insidiato dalle sostanze perfluoroalchiliche si sono date appuntamento davanti al Tribunale di Vicenza per chiedere giustizia.

Il luogo e il tempo non sono casuali. Le udienze del procedimento davanti alla corte d’Assise sono cominciate più di tre anni fa e a febbraio è prevista la requisitoria dei pubblici ministeri. È arrivato il momento della resa dei conti, ma gli attivisti sono consapevoli del rischio della prescrizione, se non in primo grado, prima che la sentenza diventi definitiva. Il processo è complesso, gli imputati numerosi. Le società Miteni, Mitsubishi e Icig possono contare su un collegio difensivo d’eccellenza, anche se le parti civili ritengono che la responsabilità su quella che Maria Chiara Rodeghiero di Medicina Democratica definisce una “contaminazione tossica” sia stata dimostrata.

La manifestazione davanti al Tribunale è servita per una lettura a più voci di un documento che costituisce un severo atto di denuncia per un disastro dimenticato. C’erano le Mamme No Pfas, Italia Nostra, Legambiente, i medici per l’ambiente di Isde, la Rete Vicentina Gas, Cillsa, Il Mondo di Irene, la Cgil e Medicina Democratica. Presenti anche Cristina Guarda, eurodeputata del gruppo dei Verdi, e il consigliere regionale Renzo Masolo di Europa Verde. Le associazioni hanno lanciato un allarme: “A dodici anni dalla scoperta della contaminazione da parte delle autorità pubbliche restano irrisolte alcune criticità, la situazione è ben lontana dall’essere risolta e il silenzio rischia di avvolgere un disastro ambientale di portata epocale”.

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L’elenco delle accuse è lungo. “Registriamo poca trasparenza circa lo stato della bonifica, sia per il terreno che per la falda”. Inoltre, da una audizione in Commissione parlamentare del procuratore Lino Giorgio Bruno “è emersa l’esistenza di un tavolo, oltre quelli istituzionali, di cui non si conosce né la composizione, né i contenuti discussi, le priorità stabilite e i risultati conseguiti”. Da quanto risulta alle associazioni, gli incontri promossi dal prefetto di Vicenza vedono la partecipazione dello stesso procuratore, di rappresentanti della Provincia, dei legali delle tre aziende imputate, nonché della Marzotto, la società che oltre quarant’anni fa diede vita alla Rimar, le cui ricerche portarono poi alla costituzione della Miteni, l’origine degli sversamenti chimici. “Riteniamo grave questo modo di agire connotato da poca trasparenza e scarsissima informazione: perché non è dato sapere nulla dei lavori di questi Tavoli in cui si sta discutendo della bonifica?”.

La denuncia ricorda come né la bonifica né la messa in sicurezza del sito ex Miteni siano cominciate, mentre “non si ha notizia dell’avvio di un’indagine per omessa bonifica, che pur costituisce un reato gravemente punito dalla legge”. E ancora: “A che punto sono le indagini epidemiologiche e perché allo studio di mortalità nella popolazione veneta (4.000 decessi in più rispetto alla media di altre zone, ndr) non è stato dato seguito in termini di misure conseguenti?”. Anche perché nel Vicentino e nel Veronese oltre 16 mila persone (tra quelle che hanno aderito alla sorveglianza sanitaria) presentano valori di Pfoa nel sangue sopra soglia. I Pfas sono ovunque, ma manca un aggiornamento da parte della Regione Veneto della mappa delle zone impattate, anche con campionamenti di terreni e degli alimenti. Visto che Iarc ha stabilito che Pfoa e Pfos sono “certamente cancerogeno” e “possibile cancerogeno”, le associazioni chiedono di poter ottenere, “a discrezione dei medici curanti” il dosaggio dei Pfas nel sangue di pazienti vulnerabili o potenzialmente molto esposti.

Sullo sfondo rimane l’attesa per la sentenza che riguarderà 15 manager che si sono succeduti nella gestione dell’azienda, dalla Miteni, ai giapponesi di Mitsubishi Corporation, fino alla lussemburghese Miteni Icig.

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