Ifo:«Non è ancora chiaro se l’attuale fase di stagnazione sia una debolezza temporanea o permanente», l’economista Daniel Gros:«L’aggiustamento è in corso ma la burocrazia dei Lander può rallentare la ripresa»
Le difficoltà dell’economia tedesca si stanno trasformando in una crisi strutturale. Lo conferma il calo, inatteso, della produzione industriale di ottobre dell’1% rispetto al mese precedente e del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, secondo i dati diffusi nei giorni scorsi dal ministero dell’Economia tedesco. Il trend è peggiore delle previsioni che avevano prospettato una crescita dell’1% mese su mese e un calo del 3,3% anno su anno.
Le previsioni per il 2025
L’istituto tedesco Ifo prevede una crescita tra lo 0,4% e l’1,1% nel 2025. Segno che la ripresa potrebbe essere molto più lenta e faticosa di quanto previsto in precedenza. A causa della grande incertezza, l’istituto «presenta due scenari per le attuali previsioni economiche: se l’economia tedesca non riuscirà a superare le sfide strutturali, si prevede una crescita dello 0,4%; se invece si seguirà il giusto corso di politica economica, nel 2025 si potrebbe raggiungere una crescita dell’1,1 per cento. Al momento non è ancora chiaro se l’attuale fase di stagnazione sia una debolezza temporanea o permanente e quindi un cambiamento doloroso nell’economia», afferma Timo Wollmershaeuser, responsabile delle previsioni dell’Ifo.
La frenata di industria ed export
L’evoluzione della crisi economica tedesca viene monitorata con attenzione dagli economisti perché finora la Germania era la locomotiva d’Europa e la sua frenata è un problema per tutto il Vecchio Continente alla luce della strettissima interconnessione esistente fra le economie europee. «Industria ed esportazioni finora sono state le colonne portanti dell’economia tedesca. In questa fase in cui l’industria ha difficoltà in tutta Europa, la Germania, non potendo compensare con i servizi o con il turismo, è il Paese che sta andando peggio in Europa» dice l’economista Daniel Gros, direttore dell’Institute for European Policymaking dell’Università Bocconi di Milano.
I ritardi sulla digitalizzazione
«L’industria tedesca – dice l’economista – è rimasta in quell’area che chiamiamo di middle technology. È rimasta indietro sulla transizione digitale e ora fatica a stare al passo con la competizione sempre più forte della Cina». Tuttavia «l’aggiustamento è in corso», prosegue Gros, «le chiusure annunciate da Volkswagen, che nell’immediato avranno effetti negativi, sono un primo segno di questo aggiustamento. Più veloce sarà questo processo di riorganizzazione dell’industria e prima il Paese sarà in grado di ripartire», prosegue Gros. Secondo il direttore dell’Institute for European Policymaking dell’Università Bocconi, in questo contesto «la crisi politica a livello federale è quasi ininfluente. Il problema semmai sono i Lander che hanno delle strutture amministrative che faticano a stare al passo con le sfide di oggi e sono fortemente riluttanti a cambiarle. E questa burocrazia può rallentare la ripresa tedesca».
L’impatto della crisi tedesca sull’Italia
Per quel che riguarda l’impatto della crisi sull’Italia e sugli altri Paesi Ue, Gros spiega: «È chiaro che il rallentamento dell’industria tedesca ha ricadute negative sulle economie delle regioni Ue più interconnesse, come quella del Nord Italia. Ma la debolezza dell’economia tedesca ha anche un altro effetto: crea meno pressione sui prezzi per cui la Banca centrale europea può continuare ad abbassare i tassi di interesse. Il che rappresenta un vantaggio per un Paese come l’Italia che ha un debito pubblico molto alto. Il calo dell’industria e i vantaggi derivanti da tassi di interesse più bassi finiscono per compensarsi. Questo fa sì che gli effetti della crisi tedesca sull’Italia non siano poi così significativi».
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