«Dopo Tony Effe un concerto che non divida. Roma è dialogo, non sessismo»

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Assessore Massimiliano Smeriglio (alla Cultura a Roma, ndr), dopo le polemiche su Tony Effe, la decisione del trapper di suonare al PalaEur a prezzi calmierati, alla fine nella capitale il concerto di Capodanno si farà?

Direi di sì, le strutture competenti stanno lavorando alla soluzione migliore. Sono ottimista.

Perché avete invitato un trapper che canta testi sessisti?

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L’amministrazione ha rapporti con alcune grandi agenzie che propongono pacchetti, in base anche alle loro esigenze, dentro gli indirizzi del Campidoglio; in questo caso volevamo rivolgerci in particolare ai giovani. Il mio assessorato non si occupa di questo, ma è un lavoro consolidato grazie al quale a Roma hanno suonato tutti. Quando è uscito il nome di Tony Effe sono state sollevate alcune legittime contestazioni. Il concerto del 31 rappresenta la città. Di fronte a una situazione così divisiva, essendo gratuito, aperto a tutti e tutte, unificante, dovevamo evitare di urtare sensibilità importanti perché, chi suona, suona sotto l’egida dell’amministrazione che rappresenta tutti i cittadini.

Dalla scelta fino a quando la stessa è stata resa nota, nessuno – né l’assessore ai Grandi eventi Alessandro Onorato né il sindaco Roberto Gualtieri – hanno avuto un dubbio?

Sulla capacità attrattiva del parterre scelto non ci sono stati dubbi. Sempre nella logica di avvicinare un pubblico giovane e considerare giustamente nella musica e in tutte le espressioni artistiche una grande libertà. Di fronte alle proteste abbiamo fatto un approfondimento.

Dunque lo sapevano in pochi. Nessuno ha immaginato la reazione di chi è impegnato in una battaglia contro il linguaggio e gli stereotipi sessisti?

Non è obbligatorio conoscere i testi di tutti i trapper. Quando si è posto il problema, li si è andati a leggere, ed è risultato palese che alcuni avrebbero urtato molte sensibilità. È evidente che sarebbe stato meglio evitarci tutto questo. Ma l’amministrazione ha avuto il coraggio di fermarsi. Senza crocifiggere nessuno, né fare processi, mantenendo il dialogo con tutti.

Dialogo? Tony Effe annuncia al PalaEur «una vera e propria festa» di Capodanno.

Chi vuole può andare a sentirlo, ma non poteva rappresentare il comune di Roma. Ha già suonato qui, lo farà ancora in futuro.

Alcuni artisti e artiste, alcuni anche impegnati in campagne contro la violenza sulle donne, hanno gridato alla censura.

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Non c’è stata nessuna censura. Noi siamo per garantire, soprattutto in tempi così neri, la libertà assoluta dell’espressione creativa. In queste reazioni c’è la solidarietà fra colleghi. Cosa bella. Ma non siamo del tutto ingenui, hanno pesato anche meccanismi commerciali, di appartenenza alla stessa scuderia. E anche la costruzione di una nuova immagine per Tony Effe in previsione della sua presenza a Sanremo in cui, sono pronto a scommetterlo, presenterà una bellissima canzone sulle donne. E alla fine, questa storia gli sarà servita per una trasformazione della sua produzione culturale.

Filtrano crepe nella giunta: qualcuno si dimetterà?

Su un tema così non sono verosimili crepe politiche. È una situazione di difficoltà che affrontiamo tutti insieme. Il sindaco in prima persona, io con Onorato, che ha lavorato bene sui grandi eventi.

Fra due giorni inizia il Giubileo. Lei organizzerà eventi meno “grandi”?

Intanto chiudiamo i cantieri per restituire ai romani pezzi di città, dopo tanti mesi di fatica. Riconsegniamo ai cittadini e alle cittadine una città più funzionale, più bella e rinnovata. Poi c’è il tema dell’anima della città: di come portare in tutti i quartieri, anche i più lontani dal centro, occasioni, opportunità, valorizzazione dell’identità locale. Arriveranno 30 milioni fra turisti e pellegrini: sono i benvenuti. Ma Roma è una città di persone che ci vivono. Per le quali ci sono gli interventi del Pnrr, che quindi dureranno fino al 2026: io in particolare sono impegnato nella costruzione di infrastrutture culturali nelle periferie, sull’esempio che ci ha lasciato Gianni Borgna: 13 fra biblioteche e poli civici, una decina di aule-studio. C’è un bando da 5 milioni per sollecitare la creatività, quella tradizionale, quella contemporanea e quella degli under 35. Roma è una grande capitale del mondo, non solo il parco archeologico più grande del mondo. Infine, nello spirito giubilare, c’è il tema della riconciliazione, del dialogo interreligioso, di una città che parla al Mediterraneo con il linguaggio della pace, del disarmo, della diplomazia. Su questo aspetto il mondo cattolico è decisivo. Con monsignor Gianfranco Ravasi e la Tavola della pace stiamo ragionando su un’agenda laica del Campidoglio.

Se non viene potenziato il trasporto urbano il centro resta irraggiungibile dalle periferie.

Il tema dell’accesso è un tema di democrazia. Anche l’accesso ai servizi pubblici e alle opportunità culturali. Roma è una città unica, ha una superficie grande, per dire, dieci volte Milano. I lavori sulla Metro C continuano, l’obiettivo è aprire entro il prossimo anno una stazione Colosseo e Porta Metronia. Continuano i lavori per le tramvie di viale Togliatti e dell’Aurelio. Stiamo potenziando la possibilità per tutti i romani ad accedere alla Grande Bellezza. Molti cittadini, per distanza, fatica, lavoro, non hanno mai messo piede ai musei Capitolini o al Foro. Gli abitanti debbono riappropriarsi della città, e noi dobbiamo portare servizi e opportunità più lontano possibile dal Campidoglio. Nel bando Open 25, appena lanciato, 5 milioni di euro per attività culturali, abbiamo inserito l’indice di perifericità: più i progetti sono lontani dal Campidoglio, meglio è. E un patto etico: chi usufruisce di risorse pubbliche deve firmare la fedeltà ai valori democratici e repubblicani per ribadire principi conquistati con il sacrificio, anche della vita, di partigiani e padri e madri fondatori.

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Quindi tutte le associazioni si devono dichiarare antifasciste?

La Repubblica è antifascista, chi è dentro i dettami costituzionali è il benvenuto.

Nel clima di scontro politico soffiato dalla destra, è il presupposto per una pax giubilare?

Sarà il Giubileo della speranza, della riconciliazione, della giustizia. Il clima con il governo nazionale è di assoluta collaborazione. E avendo costruito insieme le condizioni per una Roma più bella e accogliente, spero che diventi l’occasione per disintossicare il discorso pubblico, togliere inutili polarizzazioni che servono solo a consensi effimeri, magari avviare una riflessione più compiuta e condivisa sulla funzione della capitale e del paese in un contesto globale terrificante: guerre guerreggiate, fine degli equilibri post bellici, messa in discussione del diritto internazionale. Siamo in una precipitazione storica che fa paura. L’Italia, e Roma in particolare, possono costruire ponti. Il clima giubilare e la funzione della chiesa cattolica, questa forma di evangelizzazione disarmata di Francesco, lo dico da non credente, è l’occasione per tutti di fare respiri più lunghi ed evitare questa continua guerra civile simulata.

In Europa, dalla Germania, torna l’incubo del terrorismo. Come metterete insieme gli eventi giubilari con la paura e l’insicurezza?

L’Italia ha un sistema di prevenzione e intelligence eccellente. Confidiamo molto nel lavoro discreto di forze dell’ordine e servizi. Quanto a noi, faremo la nostra parte: disarmando il discorso pubblico, non costruendo nemici immaginari, costruendo ponti, dialoghi tra paesi, etnie e religioni che altrove si combattono. Roma deve ribadire la sua vocazione di città di dialogo e pace. Chiameremo non solo il sistema dell’accoglienza tradizionale, grazie al rapporto solido con Federalberghi, ma anche quello delle piattaforme, che riguarda la sicurezza, cioè i dati, e poi anche come contrastare l’overtourism, la brutalizzazione del centro storico. In vista dell’anno giubilare del 1550, papa Paolo III Farnese emanò una legge che bloccava le speculazioni e il caro-affitti. Invito la premier Meloni a riflettere se, per quanto accadrà a Roma nel prossimo anno, non sia il caso di immaginare un intervento regolatorio più drastico.

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