Una cordata per salvare il Taranto calcio? «Dieci imprenditori sono pronti»

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«Il Taranto calcio? Ci sono dieci imprenditori che sarebbero disposti a mettere in gioco una parte della loro disponibilità di tempo ed economica». Michele De Pace, uno dei vice presidenti di Confindustria Taranto – è stato eletto nei giorni scorsi -, l’altro ieri era tra quelli che hanno ascoltato il commissario Massimo Ferrarese parlare in Confindustria dei Giochi del Mediterraneo del 2026. E De Pace ha anche sentito la parte finale del discorso del commissario, quando in relazione al nuovo stadio Iacovone, un progetto da 60 milioni di euro interamente finanziato dallo Stato, ha chiesto alla platea se, vista la critica situazione della società calcistica, non fosse possibile pensare ad un qualche impegno delle imprese per non avere uno stadio rifatto e moderno ma senza più una squadra. O meglio, con una squadra scivolata negli inferi.

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Ora, secondo De Pace, questo potenziale interesse degli imprenditori di Taranto potrebbe esserci. E d’altra parte lo stesso Ferrarese l’altro ieri ha detto di non aver avuto l’impressione che il suo stimolo fosse caduto nel vuoto. «Parliamoci chiaro però – dice De Pace, che è direttore generale di Feat srl -: Taranto è una città che non vuole essere avvicinata da nessuno. Di nessun genere. E per questo viene scansata. Ma io, che faccio l’imprenditore, posso anche dire va bene, è la mia città, sto qui, mettiamoci in dieci e vediamo che riusciamo a fare. Ma poi non è che devo camminare per la strada ed essere insultato, minacciato, sputato. Eh no, io metto i soldi e poi sono trattato così? Ma non esiste. Ma per niente. Una decina di imprenditori ci sarebbe, ma a Taranto devono cambiare mentalità e cultura. Lo vediamo anche nelle città più importanti. I grandi gruppi sono nelle mani degli stranieri e perché? Perché, penso, se hai un nome e cognome italiano vieni attaccato in tutti i modi».

«Sino a ieri avevamo un presidente – afferma De Pace sul Taranto -. Ci possa piacere o no, io so quanto ci ha rimesso ed è stato bravo a portarlo in una categoria superiore da dove l’ha preso. Però occorreva qualcosa di più da parte della città, degli enti pubblici, perché ha camminato con una gamba zoppa. Noi le storie le dobbiamo sapere e anche, secondo me, saper analizzare in una maniera differente da come è stato fatto sinora. Sì, Ferrarese ha detto delle cose ed è libero di farlo, ma quello che abbiamo subito come Taranto calcio è anche un evidente stato di come si possono presentare le persone. Noi accogliamo tutti con grande entusiasmo ed enfasi quando vengono da fuori, poi, però, alla fine si rivelano diversamente da quello che ci era sembrato e ci rimaniamo male. E comunque non è facile gestire una società di calcio. Lo sai che ogni anno ci devi rimettere un sacco di soldi». Tra i presenti al discorso di Ferrarese, c’era pure Diego Pisa, altro nuovo vice presidente di Confindustria Taranto, amministratore delegato di Teleperformance, che cita il modello Napoli anche perché Pisa è napoletano.

«Sono passato dal fallimento del Calcio Napoli – afferma Pisa – dal quale il grande Aurelio De Laurentis, che è un imprenditore serio e bravo, ha fatto partire un progetto nuovo che porta utili alla società oltre ai risultati sportivi. Di contro hai società totalmente indebitate come l’Inter, il Milan o la Juve, che sono sempre ad altissimi livelli ma piene di debiti e se non fossero sostenute dal sistema, sarebbero già fallite. Il Taranto – osserva Pisa – non è supportato da un arabo, né lo sarà mai. Secondo me, la migliore prospettiva per il Taranto è che fallisca e poi ci sia una cordata di imprenditori seri che lo faccia risorgere. Perché con tutti i debiti che ha, chi è che si mette, chi ce li mette questi soldi? Noi potremmo essere magari interessati? Teleperformance è una società quotata in Borsa e operazioni di questo tipo non vengono fatte a livello locale ma a livello della multinazionale. Non sono le iniziative che il gruppo prende in carico, soprattutto visto le problematiche che ci sono dietro la società del Taranto. La posizione di Ferrarese la capisco e la comprendo benissimo – dice ancora Pisa -. È un peccato fare investimenti sullo stadio che dopo magari potrebbe non avere più una squadra. Ma i progetti si fanno sul lungo periodo, non sul breve. Mettere le pezze non porta a niente. Penso che la comunità di Taranto meriti una società seria che possa svilupparsi e dare prospettive di lungo periodo con un piano serio».

«Il Taranto? Vediamo la questione collegata alle opere – sostiene Vito Messi, presidente di Ance Taranto, l’associazione dei costruttori edili, che col presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, era accanto al commissario Ferrarese mentre parlava agli imprenditori -. Sullo stadio c’è un investimento importante per i Giochi del Mediterraneo che va sui 60 milioni e l’aspetto positivo è che quest’evento servirà a riqualificare lo Iacovone e a dare una vetrina importante al calcio a Taranto. E quindi questo può essere uno stimolo in più per gli imprenditori tarantini a fare un pensierino su quell’idea, su quell’input lanciato dal commissario. Input che ha suscitato clamore perché siamo una città molto legata al calcio. Al momento, però, non vedo grosse aspirazioni da parte del tessuto tarantino anche perché il calcio è questione molto delicata. Quindi francamente non so. Vediamo che succede. Dovrebbero mettersi insieme una serie di imprenditori per cercare di vedere cosa si può fare. La spinta in più potrebbe essere la riqualificazione dello stadio, i lavori che si stanno avviando. Io? No, non sono interessato. Per il momento no».

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D.Pa.

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