Politiche sociali e abitative peggiorate nel 2024: domina una crudele volontà di esclusione

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Come da prassi in questo periodo di fine anno, è doveroso fare un consuntivo in merito a quanto avvenuto o non avvenuto in materia di politiche abitative.

Il 2024 è stato connotato da alcune risultanze che hanno evidenziato un assoluto e ulteriore aggravamento delle politiche sociali e abitative, segnate da una crudele volontà di esclusione.

Già a luglio 2024 l’Inps, nel suo rapporto sul passaggio da reddito di cittadinanza ad assegno di inclusione, segnalava che ben 331.000 famiglie non avevano potuto accedere all’assegno di inclusione per via dei requisiti restrittivi attuati dal Governo. Giova ricordare come per queste 331.000 famiglie l’esclusione dall’Adi ha significato, anche, l’esclusione dal contributo affitto fino a 280 euro mensili, che era garantito con il Rdc. Questi dati sono significativi se rapportati anche a quelli dell’Istat che hanno rilevato una povertà assoluta che nel 2023 ha interessato 5.752.000 persone in Italia.

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Il 7 ottobre il Ministero dell’interno pubblicava il suo rapporto sugli sfratti relativi al 2023 e da questi risultava che, pur in calo, le sentenze emesse erano state complessivamente 39.373, le sole sentenze per morosità incolpevole erano state 30.702, segno che il caro affitti in Italia è una delle emergenze più preoccupanti, oltre che consolidate.

Il 17 ottobre 2024 l’Istat pubblicava i dati ufficiali sulla povertà assoluta; in un allegato a questi, indicava in 1.031.000 le famiglie in povertà assoluta in affitto, ovvero 48.000 famiglie in più rispetto al 2022. In tale ambito Istat affermava altresì come le famiglie con minori in povertà assoluta e in affitto erano passate dal 27% al 31% in un anno. Senza dimenticare le centinaia di migliaia di famiglie “alloggiate” nelle graduatorie comunali per l’accesso ad una casa popolare.

Con tali dati il Governo ha presentato una legge di bilancio per il 2025 che rappresenta esattamente il contrario di quanto necessario. L’unico risultato, si fa per dire, della lettura del Ddl bilancio alla Camera è il rifinanziamento del fondo morosità incolpevole: 10 milioni nel 2025 e 20 milioni nel 2026. Nulla invece per il fondo contributo affitto. Per la deputata Montaruli questo è stato un risultato che, come dichiarato alle agenzie di stampa, conferma che il Governo su questi argomenti c’è. Infatti sono le risorse che non ci sono.

Le dichiarazioni della deputata Montaruli non è che abbiano scaldato i sindacati. Unione Inquilini ha qualificato questo stanziamento come un insulto e ha calcolato che se i 10 milioni di euro vengono ripartiti ai soli sfrattati per morosità del 2023, questi possono contare su 325 euro complessivi, ovvero 27 euro al mese: un po’ pochino per arginare gli sfratti.

Quasi dello stesso tenore le dichiarazioni di Cgil, Uil, Sunia e Uniat, che hanno dichiarato che le somme stanziate per finanziare il fondo per la morosità incolpevole sono una prima ma non esaustiva risposta, in quanto del tutto insufficienti a coprire il fabbisogno.

Il Governo e la maggioranza di destra, non soddisfatti delle briciole destinate al fondo morosità incolpevole, nella legge di bilancio tagliano 300 milioni ai progetti Pinqua dei Comuni dal 2028 al 2033 e si è autodelegato all’articolo 71 comma 2 a recepire con Dpcm il “Piano Casa Italia” entro giugno 2025 senza nessuna discussione pubblica ed esautorando il Parlamento; ma, ciliegina sulla torta, non prevedendo neanche un centesimo di euro per finanziare il suo cosiddetto “Piano Casa Italia”.

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Prosegue al Senato la discussione sul Ddl Sicurezza che ha visto l’approvazione senza emendamenti dell’articolo 10, che interviene sulla precarietà abitativa con anni di galera a chi occupa – in assenza di politiche abitative pubbliche; ma anche sugli sfrattati, tenuto conto che sono stati bocciati emendamenti che tendevano ad escluderli, e su coloro che esprimono solidarietà alle loro lotte. Un articolo 10 di fatto già definitivo perché, anche in caso di eventuali modifiche in articoli successivi, questo non potrà essere oggetto di modifiche, qualora tornasse alla Camera.

Un quadro che genera forte preoccupazione, anche se, nelle ultime settimane dell’anno, il tema delle politiche abitative è tornato prepotentemente nel dibattito pubblico e politico. Questo grazie al Papa che ha chiesto alle diocesi di mettere a disposizione alloggi per coloro in precarietà abitativa; grazie al Sindaco di Roma, al Presidente della Regione Lazio e alla Caritas che hanno sollecitato il Governo a sospendere gli sfratti nell’anno del Giubileo; grazie alla manifestazione promossa dall’Alleanza Municipalista che ha visto manifestare a Roma il 12 dicembre assessori e sindaci di numerose città, che hanno chiesto la definizione di un piano casa che risponda alle esigenze dei comuni e al fabbisogno crescente. Grazie infine al Social Forum per l’Abitare che, tra le altre iniziative, ha promosso un momento importante di confronto e di elaborazione nazionale a Genova.

Sul Ddl sicurezza si è svolta una manifestazione molto partecipata che ha posto la questione del suo ritiro, dato che affronta questioni sociali e di democrazia esclusivamente in termini repressivi.

Ora sarebbe necessario, per diventare effettiva massa critica capace di invertire le politiche attuate dal Governo, che le iniziative, le prese di posizione e le richieste rappresentate da settori sociali anche diversi si intrecciassero, si parlassero e individuassero, tra loro, una sintesi. Credo sia la scommessa per il 2025. Un auspicio e un piano di lavoro da sostenere.

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