I grandi rossi delle Langhe, dal Barolo al Barbaresco, alle altre espressioni del Nebbiolo, ma anche del Monferrato, regno della Barbera, e del Roero, Patrimonio Unesco, così come lo sono le “Cattedrali Sotterranee” di Canelli, nel cui cuore nasce l’Asti, senza dimenticare la crescita tumultuosa delle bollicine di Alta Langa, o i grandi bianchi del territorio del Gavi, l’Arneis, i Colli Tortonesi e non solo. Il Piemonte, grazie ad una qualità altissima riconosciuta nel mondo, e ad una grande varietà di produzioni (con 60 denominazioni, 19 Docg e 41 Doc che coprono l’83% della produzione regionale, quasi tutta legata a vitigni autoctoni storici, come Arneis, Cortese, Erbaluce, Favorita, Moscato Bianco, Nascetta e Timorasso per le varietà a bacca bianca, Barbera, Brachetto, Dolcetto, Freisa, Grignolino, Malvasia, Nebbiolo, Ruché, Pelaverga e Vespolina, per quelle a bacca rossa), è senza dubbio una delle Regioni del vino più importanti d’Italia e del mondo. Una diversità che si racconterà a “Grandi Langhe”, l’evento organizzato dal Consorzio del Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani, guidato da Ettore Germano, e dal Consorzio del Roero, presieduto da Massimo Damonte, in collaborazione con Piemonte Land Of Wine, che vede al vertice Francesco Monchiero, il 27 e il 28 gennaio, alle Officine Grandi Riparazioni (Ogr), a Torino, con oltre 500 cantine da tutta la Regione. Che saluta una vendemmia 2024 tutto sommato positiva ed in lieve crescita sulla 2023 (+5%, per oltre 2,25 milioni di ettolitri, di cui 2,1 di vino Dop) ed un export che tutto sommato tiene (-0,4% nei primi 9 mesi 2024 sul 2023, a 847,9 milioni di euro), con i grandi rossi che, in controtendenza ad un trend generale che vede la tipologia in sofferenza, crescono. Ad evidenziarlo, la presentazione de “L’Annata Vitivinicola in Piemonte” 2024, l’annuale pubblicazione curata da Vignaioli Piemontesi e da Regione Piemonte, andata in scena, nei giorni scorsi, a Grinzane Cavour. A livello economico, il Piemonte si conferma la seconda Regione italiana per valore delle esportazioni, a 1,2 miliardi di euro nel 2023 (un export che interessa il 60% del vino prodotto in Piemonte, di cui il 70% nei Paesi comunitari e il 30% nei Paesi extra Ue), e con i primi 9 mesi 2024 che fanno segnare un -0,4% sullo stesso periodo 2023 (anno che, nel complesso, ha visto arretrare le vendite oltre frontiera dei vini piemontesi di quasi il 6%).
In questo scenario, hanno spiegato i numeri di Wine Monitor – Nomisma illustrati da Denis Pantini, crescono i rossi Dop piemontesi dell’1% a valore (a fronte di un +4,4% a volume), trainati da un forte recupero del Canada (+49%) e da importanti crescite in Svezia (+14%), Giappone e Stati Uniti (+10% entrambi). Sotto la parità invece l’Asti Spumante (-1,7%), trascinato al ribasso da Germania (-9%), Austria (-14%) e Polonia (-20%). Corrono, invece, le esportazioni in Russia (+51%), sebbene in questa corsa abbia avuto un ruolo importante la decisione del Governo di Putin di incrementare le accise sui vini, decisione che ha fatto “accelerare” gli acquisti da parte degli importatori nella prima parte dell’anno.
“Al di là delle tensioni geopolitiche e degli effetti sugli scambi internazionali (ora minacciati anche dai dazi di Trump), è evidente che gli impatti sui consumi di vino – ha sottolineato Nomisma – derivano da cambiamenti strutturali nell’approccio da parte dei consumatori. I principali driver che sembrano guidare gli acquisti di vino in Italia possono essere ricondotti a una maggior attenzione alla sostenibilità, al salutismo e all’interesse per i territori dei vini. Questo si esplica nell’interesse dei consumatori verso i vini bio, sostenibili, ottenuti da vitigni autoctoni, ma soprattutto dai vini a minor gradazione alcolica (quando non dealcolati). Si tratta di trend che trovano riscontro anche in altri mercati mondiali, come negli Stati Uniti dove alla maggior attenzione alla sostenibilità e alla gradazione alcolica, si unisce l’interesse per la mixology, particolarmente apprezzata dalle nuove generazioni”.
In questo contesto, si inserisce anche il bilancio della vendemmia 2024, con una “raccolta delle uve tornata nella norma, tra settembre e ottobre. Tra i vigneti del Piemonte, si stima che la produzione di vino abbia avuto un incremento del 5% sull’anno prima attestandosi a oltre 2,25 milioni di ettolitri. In Italia la produzione 2024 è stimata a 41 milioni di ettolitri (+7% sull’anno prima)”. Sulla base delle analisi e valutazioni condotte regolarmente dal servizio tecnico di Vignaioli Piemontesi, l’annata può essere valutata complessivamente come più che discreta. I tecnici assegnano le “otto stelle e mezzo” al Sauvignon Blanc; le “otto stelle” a Brachetto, Pelaverga, Ruché, Chardonnay; “sette stelle e mezzo” a Cortese, Erbaluce, Favorita, Moscato, Barbera, Freisa, Nebbiolo, Vespolina e Pinot Nero; “sette stelle” ad Arneis, Timorasso, Nascetta e Grignolino, e “sei e mezzo” al Dolcetto. “Il carattere più apprezzabile del 2024 – sostengono i tecnici – potrebbe essere quello delle “ridimensionate” potenze alcoliche anche più in sintonia con le nuove richieste di mercato”.
Il dato definitivo sugli ettari vitati sarà disponibile a gennaio, al termine delle dichiarazioni di vendemmia, ma si stima siano 44.471 ettari vitati in Piemonte, in lieve aumento sullo scorso anno, quando, per la prima volta dal 2017, hanno registrato una flessione, passando da 45.823 ettari del 2022 a 44.285. Analizzando l’andamento degli ultimi dieci anni (2013-2022), il vigneto piemontese ha mostrato una situazione complessivamente stabile, con una crescita progressiva fino al 2022. Nel 2013, la superficie vitata era di 44.169 ettari, scesa nel 2014 a 43.893 e nel 2015 a 43.553, per poi stabilizzarsi a 43.500 nel 2016. Dal 2017 è iniziato un trend di ripresa: 44.202 ettari nel 2017, 44.449 nel 2018, 44.677 nel 2019, 44.737 nel 2020, fino a raggiungere i 45.420 ettari nel 2021. Il 2022 ha segnato un ulteriore incremento a 45.823 ettari, recuperando ampiamente la superficie vitata persa nel passato e segnando un netto miglioramento rispetto ai livelli del 2013. La produzione stimata di vini a denominazione di origine è di 2,1 milioni di ettolitri.
“Il vino è al centro della visione che ho in mente per lo sviluppo dell’agricoltura del Piemonte. Con questa legislatura – ha detto l’Assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Paolo Bongioanni – sono infatti riunite per la prima volta in un unico assessorato le deleghe regionali a Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi. Sono tutti settori strettamente interconnessi se visti in una prospettiva di sviluppo dei territori, di valorizzazione della cultura del gusto e di incremento del turismo enogastronomico che ruota attorno ad esso. Ma sono soprattutto l’espressione di eccellenze che il Piemonte sa offrire a livelli assoluti, e che intendo per questo sviluppare in un disegno organico. Con i 750 milioni di euro del Complemento di Sviluppo Rurale 2023-27 la Regione rinnova il suo sostegno di sempre all’impresa agricola, ai consorzi e alle enoteche regionali, dalla vigna alla promozione finale. Contemporaneamente, però, stiamo dando forma a un salto qualitativo senza precedenti nella valorizzazione dell’agroalimentare piemontese: la rivoluzione della filiera corta. Un cambio di paradigma pensato per valorizzare in modo sempre più efficace e remunerativo i nostri cibi e vini e insieme i territori da cui nascono, connettendo in un volano produttori, distretti del cibo e del commercio, consorzi, mercati di tradizione e quei grandi ambasciatori del gusto che sono i nostri ristoratori e chef”.
“Il Piemonte si conferma una delle Regioni leader a livello nazionale – ha aggiunto l’Assessore al Turismo della Regione Piemonte, Marina Chiarelli – per produzione e fatturato nel settore vinicolo. L’impatto significativo anche sui mercati internazionali è il risultato di una sinergia tra tradizione e innovazione. Questi sono valori che rendono i vini piemontesi un patrimonio apprezzato in tutto il mondo, e il nostro impegno è di continuare a promuovere e sostenere questa eccellenza. Vogliamo rafforzare la presenza del nostro Piemonte nei mercati globali per valorizzare le nostre straordinarie produzioni locali che attraggono un turismo di qualità grazie ad un sistema dell’accoglienza che in questi anni ha raccolto la sfida dell’internazionalizzazione”.
“L’annata viticola appena conclusa ci ha visti produrre di più, ma non senza grandi difficoltà – ha detto Giulio Porzio di Vignaioli Piemontesi – soprattutto nel raggiungere la vendemmia a causa delle piogge abbondanti. Sul fronte della sostenibilità economica, però, il nostro comparto è ancora lontano da una situazione ottimale. I mercati e i consumi stanno cambiando rapidamente, e questo richiede un approccio più veloce e deciso nell’affrontare le problematiche che abbiamo davanti. Dobbiamo rivedere le nostre strategie con una visione d’insieme, come una squadra coesa. In questo contesto, il ruolo della Regione diventa cruciale: è necessario che sia protagonista nelle scelte strategiche, promuovendo l’utilizzo dei nostri prodotti e sostenendo i produttori locali. È un momento in cui serve coraggio per credere nel nostro lavoro e scommettere sul futuro della viticoltura piemontese”.
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