LOMBARDIA ECONOMY – Un’oasi galleggiante di reversibilità

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A Porto Ceresio, un’oasi galleggiante di reversibilità: un’esperienza immersiva che unisce ecologia e innovazione

Esiste un posto in Italia dove, nel silenzio, ci si rilassa ammirando il tramonto in acqua, ci si addormenta nel blu del lago e ci si sveglia cullati dall’acqua. Siamo in Lombardia, al confine con la Svizzera, nelle acque del lago di Porto Ceresio.

Qui è nato il Botel Diffuso dei Laghi, una struttura ricettiva galleggiante, ecologica e tecnologica, per un soggiorno a filo d’acqua che porta a vivere un’esperienza immersiva, suggestiva e sostenibile.

Gaetano Gucciardo è l’ideatore e amministratore. Come è nata l’idea del Botel? Qual è stata l’ispirazione dietro questo progetto?

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«Noi siamo progettisti di abitazioni e, nel 2015, ci siamo chiesti come fosse possibile antropizzare un territorio senza alterarlo in modo permanente. La risposta è arrivata dalla spinta di Archimede: quando un oggetto galleggia su una superficie d’acqua e poi viene rimosso, l’acqua ritorna al suo stato iniziale, senza lasciare tracce visibili.

Abbiamo quindi cercato di progettare un intervento reversibile, che potesse essere rimosso senza danneggiare l’ambiente. Il Botel Diffuso nasce proprio con questa filosofia, superando il concetto di sostenibilità.

Mentre la sostenibilità valuta quanto l’ambiente può sopportare un’alterazione, la reversibilità consente di riportare tutto allo stato originale. Questo progetto è unico: non attinge alle infrastrutture comunali né scarica nulla nel lago, grazie a un ciclo chiuso dell’acqua.

Gli ospiti imparano a gestire risorse limitate: l’acqua e l’energia sono preziose, e uno spreco ha conseguenze immediate. Grazie a un sistema domotico, i consumi vengono monitorati e ottimizzati, rendendo l’esperienza formativa oltre che confortevole».

Quali sono state le principali sfide che ha incontrato durante la realizzazione del Botel Diffuso?

«Realizzare il Botel è stata una sfida entusiasmante. Abbiamo lavorato con artigiani straordinari che hanno partecipato attivamente al progetto, contribuendo con idee e soluzioni in corso d’opera. Ad esempio, per il trattamento del legno, abbiamo scelto una tecnica tradizionale giapponese di bruciatura utilizzata anche dal popolo walser nelle valli piemontesi, che elimina la necessità di prodotti chimici e garantisce una lunga durata con minima manutenzione.

Un’altra sfida è stata dimostrare la fattibilità del progetto: il Botel è diventato un laboratorio di sperimentazione, permettendoci di accumulare un’esperienza che ora possiamo mettere a frutto. Tuttavia, non abbiamo ricevuto sup

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porto finanziario dalle istituzioni, nonostante i bandi disponibili. Per ora, il progetto si sostiene grazie ai ricavi di altre nostre attività».

Che impatto ha avuto il Botel Diffuso sul turismo nei laghi? Ci sono stati cambiamenti nella percezione del territorio?

«Il Botel ha attratto un turismo con

sapevole, spesso internazionale. Riceviamo ospiti da Stati Uniti, Arabia Saudita, Germania e altre parti del mondo, grazie alla vicinanza con Malpensa e ai buoni collegamenti ferroviari. I nostri visitatori apprezzano il basso impatto ambientale e sono attenti a ridurre la propria impronta di carbonio, arrivando spesso con mezzi ecologici.

Alla fine del soggiorno, rilasciamo un attestato di basso impatto ambientale, sottolineando l’impegno degli ospiti nella gestione responsabile delle risorse. Questo scambio di consapevolezza è uno degli aspetti più gratificanti del progetto».

C’è l’idea di replicare il modello del Botel Diffuso in altri laghi o aree? Oppure sta lavorando ad altri progetti simili?

«Sogniamo di replicare il modello, ma per ora non abbia

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mo i mezzi finanziari per espanderci. Stiamo sviluppando un nuovo progetto chiamato Energy Hive, in collaborazione con un’azienda svizzera, per migliorare la gestione energetica.

L’obiettivo è garantire un’offerta turistica sostenibile anche nei periodi invernali, quando le risorse energetiche sono più difficili da gestire. In futuro, speriamo di collaborare con strutture ricettive sui laghi italiani che vogliano adottare il nostro modello.

Tuttavia, non accettiamo compromessi sulla sostenibilità: chi cerca un prodotto commerciale, con consumi elevati o servizi superflui come l’idromassaggio, non è il nostro target».

Come vede il futuro del turismo sostenibile in Italia? E che ruolo può giocare il Botel Diffuso in questa visione?

«Il turismo sostenibile in Italia ha avuto un’accelerazione post-Covid, ma spesso si tratta di greenwashing. Molte strutture si dichiarano sostenibili senza esserlo davvero, creando confusione e rallentando una vera presa di coscienza.

Il Botel Diffuso cerca di essere un modello di autenticità, proponendo un’esperienza in cui l’uomo è parte della natura, non un intruso. Abbiamo anche realizzato iniziative culturali per coinvolgere la comunità e promuovere valori di sostenibilità e integrazione.

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Tuttavia, alcune incomprensioni con le istituzioni locali ci hanno spinto a limitare queste attività. Il Botel propone una totale immersione nella natura che “osserva” gli esseri umani, invertendo la prospettiva: non siamo noi i protagonisti, ma parte di un ecosistema più ampio.

Questo approccio biofilico si riflette in ogni aspetto del Botel, rendendo il soggiorno educativo e trasformativo. I nostri ospiti spesso scrivono di aver vissuto un’esperienza unica, che li ha resi più consapevoli del rapporto con l’ambiente».

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