La diplomazia del pallone affascina l’Africa

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Dal Rwanda alla Rd Congo un numero crescente di stati africani guarda al calcio europeo come strumento di soft power politico-commerciale

Sulle orme del rivale Kigali, Kinshasa corteggia il Milan per concludere una partnership strategica di promozione, mentre la Costa d’Avorio punta a tornare a riempire gli stadi dell’ultima Coppa d’Africa ospitando la Supercoppa francese e le partite in campo neutro

In Premier League, i tifosi dell’Arsenal hanno ormai fatto l’abitudine a vedere la scritta “Visit Rwanda” campeggiare sulle maglie da gioco dei Gunners. Un qualcosa di molto simile potrebbe capitare molto presto pure ai tifosi del Milan, anche se con uno Stato africano diverso.

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Il leggendario club rossonero, infatti, è in odore di stringere una partnership strategica con la Repubblica democratica del Congo (RDC). Se ne parla ormai da mesi e le parti sarebbero davvero vicine ad un’intesa, come ha sottolineato a fine ottobre in una nota lo stesso ministero del Turismo congolese. Anche se il Milan, va detto, non ha ancora suggellato l’accordo con un comunicato ufficiale.

La collaborazione, per la quale (come rivelato dal Corriere della Sera) per una questione di garbo istituzionale è stata interpellata anche la vedova di Luca Attanasio – l’ambasciatore italiano nella RDC ucciso in un agguato nel 2021 mentre viaggiava su un convoglio del Programma alimentare mondiale – dovrebbe avere respiro triennale e prevedere tutta una serie di cose: dall’apparizione della scritta “Explorez la RDC, coer de l’Afrique” (Esplora la RDC, cuore dell’Africa) sulle maglie da gioco e di allenamento, oltre che sui maxischermi di San Siro, fino all’accesso all’area Vip garantito ai funzionari del governo congolese.

Ma non solo. A recitare un ruolo preponderante sarà Fondazione Milan. La public charity rossonera, nata nel 2003 con l’obiettivo di “fare qualcosa di buono per la collettività ed esprimere solidarietà con chi si trova in situazioni di disagio”, finanzierà la nascita di un’academy, destinata a rimanere attiva anche oltre i tre anni sanciti dall’accordo, con l’obiettivo dichiarato di svezzare talenti locali e contribuire alla crescita e all’evoluzione del calcio congolese.

Politica nel pallone

Oltre al lato sportivo, e a quello turistico-commerciale, l’operazione ha anche un’evidente finalità politica da raggiungere. La Repubblica democratica del Congo, esattamente come il Rwanda di Paul Kagame, ha in mente di utilizzare il calcio come strumento di soft power, con l’obiettivo di rafforzare l’immagine del paese e di aumentarne la visibilità all’estero, soprattutto in Europa.

Lo conferma lo stesso ministero del Turismo, nella chiosa della nota: “questa collaborazione concretizza la visione del presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, che punta a trasformare la RDC in un paese dinamico, attrattivo e influente sulla scena internazionale”, si legge.

Il progetto della RDC, di usare il calcio come veicolo per incoraggiare il turismo nel paese, però, è molto più ampio e va oltre la partnership con il Milan. Nell’ultimo periodo, oltre ad aver ospitato i Giochi della Francofonia nel 2023, Kinshasa ha lanciato la propria candidatura ad ospitare la Coppa d’Africa del 2029.

In più, da diverso tempo, tra i desideri del presidente Tshisekedi c’è quello di accogliere il Trophée des Champions, ovvero la Supercoppa francese, da qualche anno itinerante per volere dalla LFP (la lega francese) che mira a promuovere il calcio transalpino nel mondo.

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La RDC aveva provato ad ottenere l’assegnazione nel 2023, ma era stata tagliata fuori a causa della scarsa qualità del terreno di gioco dello stadio dei Martiri di Kinshasa.

Tuttavia, più in generale, la tendenza a sfruttare lo sport più seguito del mondo come leva per i propri interessi politico-commerciali, si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta l’Africa. Oltre RDC e Rwanda, che dopo l’Arsenal ha stretto accordi strategici anche con i francesi del PSG, la famigerata “diplomazia del calcio” ha cominciato a fare proseliti anche in Costa d’Avorio.

Stadi in affitto

Dopo aver ospitato e vinto l’ultima Coppa d’Africa, investendo oltre 1 miliardo di dollari (circa il 7% del Pil nazionale) tra infrastrutture, trasporti e logistica per la realizzazione dell’evento, il governo ivoriano ha avuto una brillante idea: anziché smontare gli stadi, oppure abbandonarli al loro destino trasformandoli in autentiche cattedrali del deserto, come successo dopo i Mondiali in Qatar, ha deciso di affittarli, offrendo un riparo sicuro a tutte quelle nazionali rimaste senza casa per vari motivi.

Una politica, ambiziosa e intelligente, che persegue un duplice obiettivo: estrarre valore da impianti che altrimenti difficilmente potrebbero farlo, considerando il livello piuttosto basso del torneo locale, ma soprattutto stringere o rinsaldare rapporti economici, commerciali e politici con i paesi locatari.

Ciò ha reso la Costa d’Avorio, che dispone di ben 6 stadi omologati dalla CAF (la confederazione calcistica africana), la nuova terra promessa di quelle selezioni che invece non li possiedono, come Burkina Faso, Benin, Ciad, Burundi, Comore e Guinea.

La Costa d’Avorio, in questo senso, ha seguito le orme di Marocco e Sudafrica, pionieri africani dell’accoglienza pallonara. Ma l’allievo potrebbe aver già superato il maestro, o quantomeno essere arrivato al suo livello.

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«Il paese degli Elefanti è diventato una seria alternativa a Marocco e Sudafrica per le gare in campo neutro. La Costa d’Avorio è un polo emergente del calcio africano», ha spiegato Yvan Issekin, esperto del Centro di ricerca sullo sport in Africa, ai microfoni di France 24.

Oltre a puntellare le relazioni diplomatiche con i vicini di casa, però, Abidjan guarda con rinnovato interesse anche all’Europa. Come Kinshasa l’anno scorso, infatti, la Costa d’Avorio ha spinto per ospitare un’edizione della Supercoppa francese, quella del 2024. Alla fine, però, l’ha spuntata Doha, la capitale del ricchissimo Qatar.

Di sicuro, però, RDC e Costa d’Avorio ci riproveranno ancora l’anno prossimo. Cosi come è certo che, prima o poi, i tifosi europei, forse anche italiani, leggeranno il nome di altri Stati africani (oltre al già presente Rwanda) sulla maglia della loro squadra del cuore.





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