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L’Italia è tra gli Stati UE che maggiormente puntano sulla space economy: nel 2023 il nostro è stato il terzo Paese europeo per investimenti, realizzandone per 148 milioni di euro, in netto aumento rispetto ai 12 milioni dell’anno precedente grazie a investimenti pubblici (attraverso il PNRR e altri programmi europei) e privati.
Nello scenario internazionale l’UE si posiziona come seconda regione al mondo per investimenti. La space economy europea ha raggiunto negli ultimi anni numeri importanti: 8,4 miliardi di euro derivanti dalle vendite finali nel 2023, oltre 800 imprese costituite nell’ultimo decennio e 63.000 occupati.
Sono alcune delle evidenze dello studio realizzato da SACE “La Space Economy italiana: un potenziale ‘stellare’ da cogliere” che delinea in maniera dettagliata una panoramica su tutto il settore in Italia e a livello europeo.
L’UE è la seconda regione al mondo per investimenti in space economy
In Europa, le vendite finali dell’industria spaziale hanno raggiunto un valore pari a 8,4 miliardi di euro nel 2023, destinate a incrementarsi nei prossimi anni grazie alla crescita di domanda da parte di attori pubblici e privati: per ogni euro speso, ne vengono creati 11.
Con oltre 800 imprese costituite nell’ultimo decennio e 63 mila occupati, l’UE è la seconda regione al mondo per investimenti in imprese spaziali nuove e innovative. L’industria spaziale contribuisce positivamente alla bilancia commerciale europea, esportando a livello globale sistemi satellitari completi, servizi di lancio, attrezzature e sottosistemi.
La scienza e l’esplorazione rafforzano le catene di fornitura europee e la loro posizione sui mercati domestici e internazionali e supportano lo sviluppo tecnologico (hardware e software), riducendo la dipendenza dai fornitori esteri.
Le potenzialità della space economy sono riconosciute dalle istituzioni europee che hanno destinato al programma spaziale 2021-2027 un budget di 14,8 miliardi di euro.
La filiera della space economy in Italia
Grazie a una combinazione di tradizione industriale, eccellenza tecnologica e una rete di imprese altamente specializzate, l’industria dello spazio è un settore strategico del futuro, con una filiera estremamente ramificata in diversi settori dell’economia.
Delle oltre 400 imprese attive in Italia – di cui 250 nella parte core strettamente legata alle attività spaziali – il 66% è composto da PMI e il 27% da startup, a dimostrazione di una forte dinamicità e di un potenziale inespresso.
Il giro d’affari realizzato è di quasi 3 miliardi di euro (pari allo 0,17% del PIL), complessivo dei finanziamenti pubblici e del fatturato generato dalle imprese di beni e servizi basati su tecnologie spaziali. Il potenziale di crescita del settore è molto alto: si stima, infatti, che per ogni impiego occupato ne vengano generati 4 nuovi.
La space economy non è costituita da un’unica filiera, ma da una molteplicità di esse fortemente interconnesse che rappresentano tutte le fasi delle diverse catene del valore: dall’upstream, midstream e downstream legati all’attività core, fino a tutti quei prodotti e servizi che dallo spazio supportano le attività terrestri. Si parla quindi di sistemi di bordo avionici, di propulsione, idraulici, di atterraggio, di controllo ambientale, di avviamento e sorgenti di energia, componenti accessori e motori, fusoliere e strutture varie, prodotti elettrici ed elettronici, meccanica strumentale ad alto valore tecnologico.
Per un’impresa essere parte di una o più filiere è essenziale non solo per condividere tecnologie, conoscenze ed esperienze, ma anche per aumentare la produttività e l’accesso ai mercati internazionali. La filiera spaziale, in particolare, presenta diversi punti di forza, tra cui buone capacità di innovazione in settori e prodotti e una base tecnologica e di competenze solida e qualificata, articolata sull’intera catena del valore e l’intera filiera industriale.
L’Italia è, inoltre, fortemente coinvolta in programmi internazionali come quelli dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) e partecipa a progetti dell’Unione Europea legati alla difesa e allo spazio.
Gli investimenti nel settore stanno crescendo intensamente: nel 2023 l’Italia è stata il terzo Paese europeo per investimenti, realizzandone per 148 milioni, in netta crescita rispetto ai 12 milioni dell’anno precedente, grazie in particolare a quello in D-Orbit, la startup italiana di logistica e trasporti spaziali.
Il nostro Paese mantiene, inoltre, un ruolo di primo piano in questo ambito e in tale ottica la Missione 1 del PNRR – “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” – prevede investimenti in tecnologie satellitari ed economia spaziale per sviluppare connessioni satellitari in vista della transizione digitale e verde, contribuire allo sviluppo del settore spaziale, abilitare servizi come le comunicazioni sicure e le infrastrutture di monitoraggio per diversi settori dell’economia, sia upstream (servizi di lancio, produzione e gestione di satelliti e infrastrutture) sia downstream (generazione di prodotti e servizi).
Il gap con Stati Uniti e Cina
Nonostante questi numeri, il gap tra UE da un lato e Cina e Stati Uniti dall’altro frena la possibilità di sfruttare appieno tutto il potenziale dell’economia spaziale.
L’UE sconta infatti un gap competitivo che ha diverse radici:
- un accesso limitato ai finanziamenti, soprattutto nelle fasi avanzate di sviluppo, e ai contratti pubblici
- una forte competizione internazionale, soprattutto da parte di imprese americane e cinesi che beneficiano di maggiori investimenti e supporto governativo
- finanziamenti nella ricerca e sviluppo ancora troppo contenuti.
Il gap europeo nei “soli” investimenti privati è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni.
Le potenzialità dell’economia dello spazio: quali sono le applicazioni terrestri più diffuse
L’importanza della space economy nell’economia globale è un fatto ormai assodato che va oltre il valore di mercato – 630 miliardi di dollari nel 2023, di cui circa 90 miliardi di euro in Europa – e che è destinato a incrementarsi fortemente nei prossimi anni.
Una crescita che sarà supportata anche dall’adozione e l’implementazione di soluzioni “spaziali” in sempre più settori dell’economia: con un tasso medio annuo di crescita del 9%, entro il 2035 il valore di mercato raggiungerà i 1,8 trilioni di dollari. Tale impulso beneficerà di ingenti investimenti che vedranno il privato sempre più protagonista, anche in partnership pubblico-privato.
La space economy è oggi un importante motore di crescita economica e gli investimenti in innovazione e digitalizzazione sono la chiave per mantenere e rafforzare la competitività nazionale, grazie anche ai tanti impieghi “sulla terra”. Questi includono, solo per citare qualche esempio, servizi di:
- telecomunicazioni
- monitoraggio climatico
- consumo responsabile
- impronta carbonica
- architettura e gestione delle risorse
- assistenza sanitaria
- farmaceutica (per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci) e tecnologie mediche
- produzione di semiconduttori e biotecnologie (con la stampa 3D)
- servizi assicurativi e finanziari
- logistica e trasporti
Nel campo dei trasporti, per esempio, l’Asset Tracking, ossia il monitoraggio costante e puntuale di flussi di merci tra luoghi diversi, beneficia sempre più delle tecnologie di localizzazione spaziale.
Nel settore dell’energia, i satelliti raccolgono dati che vengono utilizzati per mappare, localizzare e gestire le infrastrutture per la generazione di energia rinnovabile offshore. Così come nell’Agrifood, l’utilizzo delle immagini e dei dati da satellite garantisce, data la vasta ampiezza dei campi coltivati, un efficientamento del monitoraggio delle terre e del raccolto, con benefici anche in termini di sostenibilità ambientale.
Senza dimenticare che le nuove frontiere spaziali, che prevedono il ritorno dell’uomo sulla Luna così come altri progetti, potranno aprire le porte allo sfruttamento di minerali rari essenziali per le sfide della transizione energetica.
Strategie per rafforzare la competitività delle imprese italiane nel settore spaziale
Alla luce delle tante possibilità e il gap europeo rispetto a Cina e Usa, sottolinea lo studio, le imprese italiane devono far leva sull’eccellenza tecnologica, sull’alta qualità e professionalità della forza lavoro, sulla capacità di fare filiera e lavorare tutte insieme per colmare quel gap non solo fra i confini europei, ma anche internazionali, per accrescere la propria competitività e, conseguentemente, redditività e sostenibilità.
Per farlo è necessario semplificare soprattutto le modalità d’accesso al credito per poter realizzare gli investimenti, in particolare per le imprese di piccola e media dimensione e per le tante startup che caratterizzano il settore, e fare formazione per mantenere e accrescere il valore umano e professionale degli occupati e trattenerlo (ancora una volta favorendone gli investimenti) dalla concorrenza internazionale.
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