Il contest che rivisita l’abito tradizionale delle donne sarde – Moda

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(di Antonella Brianda)
La carta è all’inizio di ogni
progetto, una sorta di campo di battaglia in cui le idee, anche
quelle più azzardate, si incontrano e scontrano e qui possono
trovare forma concreta. Dalla carta bianca, come una tela pronta
per essere decorata, è partita Ilaria Gorgoni per la sua
‘chiamata alle arti’ con il Dìuma Open Call, un contest tutto
virtuale in cui gli artisti sono stati invitati a reinterpretare
uno dei classici della cultura della Sardegna, l’abito femminile
tradizionale.

   
La tipica gonna a pieghe a cui si sovrappone il grembiule, la
camicia candida e il corpetto stretto nella vita, il velo che
adorna la testa e le scarpine: tutto è stato reso con la carta,
ma in forma virtuale partendo da una fotografia in posa in cui
la modella Samara indossa l’abito e i gioielli sardi. E come una
pagina bianca, il vestito della modella è stato utilizzato dagli
artisti che si sono messi in gioco, come base su cui riflettere
e lasciare il proprio segno. L’iniziativa culturale immaginata
da Ilaria Gorgoni, fotografa e tatuatrice di Iglesias ma con
base a Cagliari, ha come partner l’azienda produttrice di
gioielli Dìuma, dell’orafo Vincenzo Dipierro, suo compagno di
vita.

   
Insieme hanno promosso “Conforme alla forma”, un concorso di
idee che andrà a comporre una mostra itinerante a Cagliari
durante l’evento Bixinau e ad Iglesias. La chiamata si è chiusa
lo scorso 5 dicembre e oltre venti sono stati gli artisti che
hanno risposto alla provocazione di Ilaria e Vincenzo. Di queste
venti opere, giunte principalmente da persone del circuito delle
mostre, da illustratori, tatuatori e grafici che lavorano in
questo settore, ne sono state selezionate quindici che verranno
stampate fisicamente in formato 40×60 oltre che promosse
digitalmente.

   
“Anche quando lavoro con Dìuma cerco sempre di rivisitare la
tradizione sarda – racconta all’ANSA Ilaria Gorgoni -, e in
questo caso l’ho voluto fare con il costume. La carta è la mia
materia, ho cercato di stilizzare le forme dell’abito e ho
pensato che potesse funzionare bene anche a livello fotografico.

   
Studio fotografia e cercavo qualcosa adatta per la
ritrattistica. Il bianco poi è perfetto come stacco”.

   
Quarant’anni, studi al liceo artistico di Cagliari e una laurea
conseguita all’Accademia di Brera a Milano, un passato di oltre
dieci anni nel settore della grafica pubblicitaria e ora un
presente da rinomata tatuatrice e fotografa, Gorgoni ha voluto
lanciare una provocazione.

   
“Ho avuto l’idea – spiega – di giocare brandizzando il
costume, utilizzando marchi dello streetwear e brand di lusso
molto conosciuti e blasonati. Questo perché ho giocato sul fatto
che Dìuma crea prodotti di nicchia, lavora su pochi pezzi
artigianali e l’ho messo a confronto con questi marchi noti”.

   
C’è stato chi ha attinto dalle fonti mitologiche della Sardegna,
chi si è fatto ispirare dai ricami della tradizione, chi ha dato
spazio al proprio stile personale da tatuatore, chi ha scelto il
bianco e nero, linee essenziali e sinuose, chi si è spinto fino
all’Oriente e alle sue illustrazioni: i lavori pervenuti
raccontano visioni diverse della tradizione, che mantiene le
proprie radici, e quindi la forma del costume sardo, ma si
evolve come si evolvono i tempi e le persone.

   
D’altronde “siamo tutti uniti dalla stessa tradizione ma con
dei toni diversi”, precisa Vincenzo Dipierro, salentino con
origini lucane, approdato ad Alghero.. “Destrutturare la
tradizione, è quello che facciamo quotidianamente come artisti.

   
Componiamo e scomponiamo. E ‘Conforme alla forma’ – chiarisce –
è tutto quello che noi facciamo, colorando la nostra vita che ci
è stata data come una tela bianca”. “Io – confessa – non ho un
percorso accademico come Ilaria, ho fatto anche un sacco di
mestieri prima, tra cui il militare, il commerciante di tavole
da surf e skate, poi ero nel marketing e a trent’anni ho
iniziato a fare il gioielliere. Vivevo in Sardegna da 25 anni,
ma di fatto ero un apolide e avevo la necessità di ritrovare le
mie origini, le radici, che ho trovato mescolandole”.

   
Il gioco insolente di questa monocromia cartacea proposta da
Ilaria e Vincenzo ha restituito un’immagine sorprendentemente
inedita e allo stesso tempo in grado di enfatizzare
l’impossibilità del colore di trascendere alla sua forma
originaria: il costume tradizionale sardo.

   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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