Presentazione in grande stile alla Regione Lazio per la Lepini Green Community

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Sono ben 30 i progetti del Piano di Sviluppo della Lepini Green Community presentati oggi in un’apposita conferenza presso la Sala Mechelli della Consiglio Regionale del Lazio. Saranno 8 su 9 gli ambiti coinvolti negli stessi progetti, con il Piano in sé che ha ricevuto un finanziamento di 2 milioni di euro dai fondi del PNRR ed è stato finanziato dalla stessa Regione con altri 400mila euro. Sono previsti interventi per contrastare il dissesto idrogeologico e per valorizzare turismo ed enogastronomia. Presenti all’evento di oggi, martedì 10 dicembre, i 12 sindaci dei Comuni coinvolti e il presidente del Consiglio Regionale del Lazio Antonello Aurigemma che ha anche aperto i lavori, spiegando: “Si tratta della realtà più importante in Italia. Il progetto è stato finanziato con i fondi del PNRR per due milioni di euro, ma la Regione, che crede fortemente in questa iniziativa, ha fatto la sua parte con un investimento di ulteriori 400mila euro. L’ auspicio è che questo sia soltanto il primo di una serie di progetti sul tema della sostenibilità, e che si possano estendere anche negli altri territori. Il nostro ruolo è anche quello di affiancare i Comuni, che già svolgono un lavoro prezioso, in questo percorso di crescita e di sviluppo”.

Nello specifico il piano ha come obiettivi quelli della gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale e delle risorse idriche, la produzione di energia da fonti rinnovabili, lo sviluppo di un turismo e di un modello di azienda agricola sostenibile che valorizzi le produzioni locali zero waste e l’integrazione dei servizi di mobilità. ED è entrato ancor più nel merito Paolo Frullini, coordinatore dell’iniziativa che si è soffermato sul fatto che siano 8 su nove gli ambiti raggiunti con i 30 progetti: “Un dato questo -ricorda Frullini, – che non appartiene a nessuna delle altre Green Communities finanziate. Siamo l’unica realtà che, nel nostro Paese, soddisfa questi requisiti. Il che fa del nostro progetto il più importante in assoluto, occupandosi, fra l’altro, del territorio, dell’aspetto enogastronomico, di energia pulita, di turismo e cultura e di formazione. Siamo orgogliosi di aver messo in piedi un piano che con i suoi 30 progetti coordinati avrà ricadute positive, anche in termini occupazionali, su una realtà che si sviluppa su circa ottantamila ettari nella provincia di Latina, appena alle spalle delle risorgive di Ninfa, e supera quota millecinquecento metri con la sua cima più alta, il monte Semprevisa”.

Il piano vuole innanzitutto scattare una fotografia sullo stato dell’arte, misurando le interferenze fra uomo, ambiente e clima incrociando i dati rilevati sul campo con quelli provenienti da altre fonti come gli insediamenti abitative, le zone agricole e quelle industriali e gli eventi climatici. Sono diversi gli interventi previsti. Come l’adozione di sensori di precisione per valutare, negli oliveti, i livelli di qualità o di inquinamento dell’acqua e dell’aria. Il loro utilizzo in agricoltura permette inoltre di monitorare le colture, svolgere indagini sulla salute del suolo e lottare contro i batteri che sono responsabili di infezioni gravi.

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Dunque si tratta nel complesso di un’azione dunque volta a tutelare, sotto diversi punti di vista, il territorio lepino e in tal senso assume particolare rilevanza il progetto di messa in sicurezza delle frane e del dissesto idrogeologico e la sistemazione geomeccanica, con relativa bonifica ambientale, dei fossi: “Si tratta – ricorda il commissario della Comunità montana dei Lepini, Onorato Nardacci – di azioni che aiutano i nostri Comuni a gestire problematiche che non sono sempre di facile gestione. Sono particolarmente contento per i progetti che riguardano in particolare i comuni di Maenza, dove si avvia un piano di gestione e di assestamento della foresta Carpinetana, e di Sezze, con lo studio sul carbonio e sulle possibili quantità da stoccare dai boschi di zona che comporta anche vantaggi di carattere economico”. “Sono iniziative -aggiunge il professor Fabio Fatigati, Università degli Studi dell’Aquila- che vanno tutte nella direzione di avviare quelle azioni di prevenzione che spesso, in Italia, non vengono mai attuate”.



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