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Sono oltre 800 le realtà che hanno aderito alla mobilitazione per opporsi al disegno di legge in discussione al Senato: «Siamo coloro che si impegnano ogni giorno a lottare per la giustizia sociale e ambientale»
Non è solo una manifestazione. Ma un appello all’unità per salvaguardare la democrazia quello convocato a Roma, per sabato 14 dicembre, dalla Rete No Ddl – A pieno regime. «Per contestare il ddl sicurezza, un tentativo di colpo di stato mascherato da disegno di legge, vista la gravità delle cose che ci sono dentro: dalla norma definita anti-Ghandi che sanziona come violente anche le proteste pacifiche, al carcere per le donne incinte e le madri con bambini di meno di un anno di età, fino all’allargamento spropositato della funzione dei servizi segreti, per fare solo alcuni esempi», spiega Luca Blasi, della rete No Ddl, assessore del III Municipio di Roma con delega al diritto all’abitare: «Dalle 14.00 a piazzale del Verano fino a Piazza del popolo, sabato 14 dicembre, saremo in migliaia a riempire le strade della Capitale per dire no alla svolta autoritaria che il governo Meloni sta cercando di operare. Con l’obiettivo di rendere l’Italia sempre più simile all’Ungheria del primo ministro Viktor Orbán».
Per Blasi – che spiega di essere preoccupato per il futuro del Paese, sia come militante dei movimenti di base, sia come amministratore pubblico – i cittadini hanno bisogno di risposte concrete ai problemi che si trovano ad affrontare ogni giorno, «come il fatto che servono soldi per fare la spesa o pagare l’affitto di casa, mentre gli stipendi sono fermi da oltre di trent’anni.
Invece l’unica risposta che il governo in carica è capace di dare sta nella riduzione dello spazio per il dissenso, proprio come vorrebbe fare con il disegno di legge n° 1660 che noi abbiamo ribattezzato “Ddl paura” perché è costruito per spaventare chi la pensa diversamente dalla maggioranza. E questo non è sano per la democrazia».
Da Libera ad Amnesty
A ritenere che il ddl “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” in discussione al Senato, dopo essere stato approvato alla Camera lo scorso 18 settembre, sia una minaccia per i diritti umani e parte di un progetto più ampio volto a deformare le strutture fondamentali della Repubblica, che passa per l’autonomia differenziata, il premierato, i tentativi di delegittimare il diritto di sciopero e l’impegno dei sindacati, sono (ad oggi) oltre 200 realtà: da Arci a Cgil, da Libera all’Anpi, Antigone, Amnesty International, Social forum per l’abitare, Alleanza Verdi e Sinistra, e molte altre che hanno aderito alla Rete no-Ddl – A pieno Regime.
«Siamo coloro che difendono e reinventano la democrazia come antifascistə, transfemministə, attivistə impegnatə ogni giorno a lottare per la giustizia sociale e ambientale. Siamo lə lavoratorə che rischiano il posto o vivono la precarietà. Siamo nelle scuole e nelle università a difendere il diritto allo studio. Siamo chi, e al fianco di chi, lotta contro la violenza patriarcale, quellə che nei quartieri lavorano per contrastare mafie e corruzioni, che denunciano il disastro climatico che devasta i nostri territori. Siamo con chi denuncia le torture e le indegne condizioni di vita nelle carceri sovraffollate. Con chi si oppone ai Cpr e rivendica la libertà di movimento. Siamo chi vuole un mondo libero da guerre [..] E crediamo che l’unica vera sicurezza sia quella sociale», scrivono i militanti della Rete per spiegare perché il Ddl sia inaccettabile e segni «un salto autoritario senza precedenti, colpendo con carcere e repressione i pilastri della democrazia: il dissenso e il conflitto sociale».
Sindacati e intellettuali
Il progetto unitario di contestazione ai 38 articoli del testo n°1660 che introduce una trentina di modifiche al codice penale, tra nuovi reati, aggravanti, aumento delle pene già previste, ha preso forma durante la prima assemblea della rete “A pieno regime” che si è riunita nell’aula magna della facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma, lo scorso 16 novembre.
Per chiedere il ritiro di un «provvedimento liberticida che rappresenta un ulteriore tassello della svolta autoritaria che il governo Meloni vuole imprimere, per cambiare le basi della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, la forma di Stato, la forma di governo e gli equilibri tra i poteri», aveva chiarito, infatti, la segretaria Flc-Cgil Gianna Fracassi.
Con lei intellettuali, rappresentanti e portavoce di realtà territoriali e nazionali, sigle sindacali, organizzazioni studentesche e movimenti sociali – come Christian Raimo, Zerocalcare, Michele De Palma, Luigi Manconi, Luigi Ferrajoli, Riccardo Noury – che hanno partecipato all’assemblea.
«Ecco perché è fondamentale scendere in piazza uniti il 14 dicembre. Non possiamo permetterci di presentarci divisi a questo appuntamento della storia della Repubblica del nostro Paese. Questa volta non stiamo giocando una partita piccola, non stiamo contestando una singola norma fatta male. Ma ci opponiamo a un più ampio disegno di legge autoritario pensato per ridefinire gli equilibri del Paese», ribadisce Blasi a Domani, che sottolinea anche l’importanza del lavoro istituzionale fatto dai partiti d’opposizione in Parlamento, come il Pd e Avs che insieme hanno presentato quasi 1500 emendamenti per modificare il testo del ddl.
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